L’anno scorso, in uno dei nostri incontri in teatro, abbiamo avuto l’opportunità di conoscere la Madonna Sistina.
Dipinta nel 1513 da Raffaello per il monastero di San Sisto a Piacenza, oggi è conservata presso la Galleria dei dipinti di Dresda.
Vi è giunta dopo vicende avventurose e dopo essere stata esposta a Mosca tra il maggio e l’agosto del 1955.
In quell’occasione, il grande quadro ha avuto un impatto forte e profondo sul popolo russo, già così legato alle immagini della vergine dipinte nelle icone.
Lo scrittore russo Vasilij Grossman (1905 – 1964), guardando la tela della ” Madonna Sistina” presso il museo di Mosca, scrive: “quella tela è immortale. Vedo una madre con un bambino in braccio… la maternità e la fragilità di una ragazza”. Ma “il corpo e il viso della Madonna sono la sua anima, perciò è così bella… qualcosa che la mente umana non riesce a cogliere”. Ineffabile, misterioso che corpo e anima coincidano e in questo stia il segreto della maternità.
Grossman rivede l’immagine del dipinto in molti volti di madri e di figli incontrati durante i suoi reportage di guerra e capisce che “la Madonna è una nostra contemporanea. Conosce ogni cosa di noi… perché lei siamo noi, il loro destino siamo noi, madre e figlio sono l’umano nell’uomo”. La Madonna è compagna del cammino dell’uomo che vive ogni circostanza e che combatte.
La tela insomma, conclude Grossman, ci parla della “gioia di essere creature vive su questa terra… la forza della vita, la forza dell’umano nell’uomo è enorme, e nemmeno la forma più potente e perfetta di violenza può soggiogarla. Può solamente ucciderla.”
“E accompagnando con lo sguardo la Madonna Sistina, continuiamo a credere che vita e libertà siano una cosa sola, e che non ci sia nulla di più sublime dell’umano nell’uomo. Che vivrà in eterno, e vincerà”.